Coronavirus, il contagio sul lavoro è considerato infortunio

 

In un momento come questo, dove la maggior parte delle attività produttive hanno dovuto sospendere o limitare il loro operato e le poche rimaste aperte vanno avanti con grandi difficoltà, parlare di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro potrebbe apparire di secondaria importanza.

In realtà il nostro intento è quello di porre l’attenzione su un argomento al quale non è stato dato il giusto risalto e soprattutto evitare che in un prossimo futuro possiate trovarvi ad affrontare problemi di carattere penale per aver sottovalutato la questione.

Ma andiamo per gradi.

Per la gestione dell’emergenza sanitaria, il Governo, con il Protocollo del 14 marzo 2020 (Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro) ha elaborato una serie di misure preventive e cautelari d’urgenza, il cui scopo è orientato a consentire la prosecuzione delle attività produttive «solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione». In questa prospettiva, nel Protocollo si raccomanda di incentivare ferie e congedi retribuiti, nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale e si richiede che venga favorita la modalità del lavoro agile, considerando comunque sospese le attività dei reparti aziendali non indispensabili alla produzione.

Solo dove la sostanziale interruzione dell’attività lavorativa non possa essere adottata, la prosecuzione dell’attività è consentita a condizione che il datore di lavoro metta in atto specifici «protocolli di sicurezza anti-contagio e una serie di misure preventive (dalla formazione e informazione dei lavoratori sino all’individuazione dei dispositivi individuali di protezione e di specifiche regole comportamentali).

Con il peggioramento della situazione, con il Dpcm 22 Marzo 2020 (successivamente modificato con il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 25 marzo 2020 e, in ultimo, con il Dpcm 10 aprile 2020) il Governo ha definito quali fossero le attività produttive che possono rimanere aperte e quali invece devono sospendere la propria attività (a meno che queste ultime non siano in grado di lavorare esclusivamente in modalità smart working).

Nello spazio temporale compreso tra i Decreti sopra citati, il Governo ha emanato il D.L. 17 marzo 2020, n°18, dove all’interno di un discorso più ampio riguardante le misure di sostegno economico per il Servizio sanitario nazionale, le famiglie, i lavoratori e le imprese, all’art. 42 individua e definisce il contagio sul lavoro da Covid-19, come infortunio.

In particolare, al secondo comma dell’articolo suddetto, viene espressamente previsto che “nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro (e cioè sul luogo di lavoro, nel tragitto casa-lavoro ed in qualunque altra situazione di lavoro), il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura la relativa tutela dell’infortunato.” Quindi, lo ribadiamo, il contagio da Covid-19 in “occasione di lavoro” è trattato alla stregua di qualunque altro infortunio. E ricordiamo, anche se può apparire ridondante, che questo genere di infortunio, nei casi più gravi, può essere fatale per la persona contagiata.

Non è certo nostra intenzione far passare questa come una novità.

L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro già inquadrava la contrazione di malattie infettive e parassitarie in occasione di lavoro nella categoria degli infortuni tutelati (vedi Circolare Inail n. 74 del 1995).

E difatti la stessa Inail è intervenuta nuovamente sull’argomento con la recente circolare n.13 del 3 aprile 2020, ribadendo i concetti sopra espressi e puntualizzando che anche i contagi avvenuti durante il percorso casa-lavoro sono considerati infortuni. Per questo motivo, in deroga a disposizioni precedenti, obbliga il lavoratore a utilizzare mezzi privati al posto di quelli pubblici per compiere il tragitto casa-lavoro.

Ma se questo può sembrare scontato per tutte quelle attività che hanno sempre avuto a che fare con agenti biologici potenzialmente nocivi (vedi ad esempio le attività sanitarie), sicuramente lo è meno per i datori di lavoro che non hanno il rischio biologico tra i rischi specifici della propria attività.

A questo punto si rende necessaria una sintesi.

Se la vostra attività rientra tra quelle previste nell’allegato 3 del Dpcm 10 aprile 2020 e quindi può rimanere aperta e un vostro dipendente rimane vittima del contagio da Covid-19, dovete essere in grado di dimostrare che, come minimo, avete messo in atto tutte le misure preventive e cautelari previste dal Protocollo condiviso del 14 marzo 2020 e dall’allegato 5 dello stesso Dpcm 10 aprile 2020, nel caso di esercizi commerciali.

Quindi, come ribadito anche da una recente nota dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, nel caso in cui si presenti una denuncia di infortunio causato da Covid-19, il datore di lavoro dovrà dimostrare, attraverso l’esibizione di atti formali e sostanziali, di aver messo in atto tutte le misure tecniche, organizzative e procedurali ritenute necessarie in attuazione alle numerose direttive, al fine di poter provare, al di là di ogni ragionevole dubbio, di aver fatto tutto il possibile per evitare l’accadimento dell’evento dannoso.

Vi ricordiamo, infine, che il Protocollo condiviso del 14 marzo 2020 prevede l’istituzione, all’interno dell’azienda, di un Comitato al quale devono far parte le rappresentanze sindacali (se presenti) e l’RLS, allo scopo di verificare l’applicazione delle regole del protocollo suddetto.

Per aiutarvi a fare ulteriore chiarezza sull’argomento e per facilitarvi nell’adempimento delle misure minime richieste dalle normative, vi consigliamo la lettura e l’utilizzo di quanto già da noi predisposto nella sezione “Emergenza COVID-19” del nostro sito.

Questo è solo il primo passo.

Ogni vostra attività è diversa e diversi saranno gli accorgimenti da prendere. Occorrerà quindi uno studio mirato dei vostri processi produttivi.  L’adozione di una misura cautelare che può valere per un’azienda può non essere sufficiente per un’altra.

Nel caso aveste dei dubbi su come tutelare adeguatamente i vostri dipendenti e la vostra attività non esitate a contattarci.

 

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